mercoledì 29 febbraio 2012


GESU' NEL DESERTO icona dell'inizio della quaresima

Molti biblisti e conoscitori del vangelo, collocano questo ritiro di 40giorni nel deserto, all'inizio della vita pubblica di Gesù, tra l'esperienza di Nazaret e la scelta di stabilirsi a Cafarnao, sulle rive del lago di Genezaret.

Questo deserto a cui allude il vangelo di Marco, non sarebbe perciò il deserto di Giuda ma la regione della Batanea, oltre la pianura di Esdrelon, al di là dell'Ermon, tra il sud del Libano verso l'attuale Giordania.

Resta il fatto: Gesù prima delle grandi scelte di vita si ritira, si apparta, si isola dal resto del mondo...per entrare maggiormente in se stesso...per leggere  in profondità la sua vita.
E qui ci offre già di per sé un grande insegnamento: la volontà di Dio per la nostra vita non la potremo mai comprendere se non entrando in noi stessi, imparando a leggere ciò che avviene nel nostro cuore.

Scegliere di distanziarci dall'ambiente di vita quotidiano, dalle persone con le quali interagiamo quotidianamente, è un atto di coraggio e di libertà,  che ci consentirà di comprendere in profondità chi siamo e che cosa vogliamo.

Il nostro personale progetto di vita...per chi lo sta costruendo...oppure la condizione attuale della nostra vita...per chi ha già scelto...li potremo comprenderle appieno solo se sapremo scendere dentro di noi, se sapremo ascoltare ciò che avviene dentro di noi, se avremo il coraggio di fermarci per abitare il silenzio...lì incontreremo Dio...lì Dio si dirà a noi...

Il silenzio è la condizione rigenerante della vita...a volte possono volerci anche più giorni per entrare nel silenzio...tacitare i rumori, dominare la parola, la lingua, imbrigliare la fantasia, orientare i pensieri....tutto per arrivare alla concentrazione, al raccoglimento spirituale che porta la pace della presenza di Dio...

Gesù rimase quaranta giorni in questo clima spirituale...non si preoccupò di dover produrre, fare, organizzare...si fermò...in ascolto di se stesso e del Padre...in questo modo ci consegna la chiave per entrare nella maturità della vita...chi entra attraverso la porta del silenzio a contatto con Dio, rende la carne della sua vita una terra armoniosa, dove divino e umano si incontrano.

Da notare che l'evangelista Marco, dice: "dallo Spirito Gesù venne sospinto nel deserto..". Dobbiamo imparare ad essere docili allo spirito, permettendogli di guidare la nostra vita, senza opporgli resistenze o forzature.

Qui nel silenzio del deserto, Gesù vive l'esperienza di un altro incontro, quello con Satana. È lo spirito del male, permesso da Dio, affinché l'essere umano abbia tutto lo spazio della libertà...noi possiamo sempre scegliere quale strada percorrere...ma alla fine il male non è mai una scelta, resta sempre una perdita di dignità e di amore. Gesù viene tentato da Satana, gli vengono proposti altri progetti, altre strade alternative a quelle di Dio...apparentemente  più facili e più comode...ma Gesù lo vince e lo smaschera...il riferimento alla Parola di Dio, rivelata e scritta sarà determinante.

All'inizio della Quaresima questo vangelo ci indica la strada da percorrere, vinciamo ogni paura e resistenza...troviamo il coraggio della qualità e della verità per la nostra vita.

Così sia. Don Maurizio

giovedì 16 febbraio 2012


CHE COSA CONSIGLIERESTI AD UN GIOVANE IN CAMMINO DI FEDE ?

E' una domanda che mi è stata posta strada facendo...di mercoledì in mercoledì...di adorazione in adorazione...

Che cosa è essenziale per un giovane in cammino di fede ?
Dopo averci riflettuto mi pare di poter indicare questo cammino

  1. Trova uno spazio di tempo per te, almeno a scadenza settimanale. Uno spazio che deve consistere anche in un luogo, all'interno dei quali ritrovare se stessi o meglio, far emergere se stessi, le proprie attese e speranze, i propri desideri. La risposta alla domanda: chi sono io ? Si trova risalendo la strada dei propri desideri. Leggendoli, decifrandoli, interpretandoli e accogliendoli risaliamo alla nostra vera identità.

  1. E' fondamentale oggi saper entrare in se stessi. Gran parte del nostro tempo lo dedichiamo al soddisfacimento dei bisogni primari...cibo, il vestito, la casa, il lavoro, le relazioni, gli amici, il divertimento...etc.. Tutto questo sarà incanalato bene se saprò abitare bene me stesso/a. Per l'acquisizione di questo passaggio è necessario imparare l'arte del silenzio.

  1. Amare il silenzio. Ricercare il silenzio. Oggi viviamo all'interno di una società rumorosa e assordante. Il silenzio è quella condizione interiore che nasce dalla quiete e dalla serenità. C'è un primo stadio di silenzio: quello che ci fa evitare i rumori e la confusione. Riuscire in questa impresa è già arduo. Poter trovare un luogo di calma, senza rumori o frastuoni è fondamentale. C'è poi un secondo stadio di silenzio: quello della mente. A volte viviamo in preda a fantasie o ricordi del passato che continuano a generare in noi degli stati emotivi. Creare il silenzio ci chiede la capacità di distacco da queste situazioni interiori. Per un po' di tempo le sospendiamo, senza continuamente rivisitarle.

  1. Osare l'impossibile ! Come vorrei vivere ? Che cosa vorrei realizzare nella mia vita ? Tento di mettere le ali ai miei desideri. Ci sono due tipologie di azioni nella vita degli uomini: le azioni produttive e quelle di senso. Le azioni produttive hanno come finalità il raggiungimento di uno scopo, le azioni di senso non intendono raggiungere nulla, sono azioni gratuite, libere dal perseguimento di uno scopo, ma in forza della loro gratuità riempiono di senso la vita. Tutti abbiamo bisogno di darci da fare per vivere ma questa attività, questo impegno non esaurisce il senso profondo della vita. Poter vivere nell'indipendenza da ciò che è produttivo, nella libertà del dono di se stessi, nella gratuità dell'incontro, rappresenta il più alto livello di integrazione personale.

  1. Cercare il confronto. E' determinante per l'esito positivo del nostro cammino di fede individuare una persona che possa reggere al confronto con il mio progetto di vita. Il confronto non va cercato con un amico, perché l'amico manterrà sempre un certo grado di complicità. Va cercato con una persona “adulta” nell'abito della maturità umana e nell'esperienza di fede. Questo spazio di incontro porterà frutti se diventerà un momento abituale del nostro cammino. In questo senso il sacramento della riconciliazione potrebbe diventare uno spazio di confronto quantomai adeguato.

  1. Riscopri la ricchezza del sacramento della riconciliazione. Nel segno del cuore aperto, della coscienza limpida, Dio ti incontra. Entra nel sacramento lodando Dio per quello che lui è e per il bene che ha potuto compiere attraverso di te. Chiedi poi perdono di ciò che, nella tua vita, ti sembra non essere secondo la volontà e i desideri di Dio. Non occorre fare tanta fatica per conoscere ciò che Dio desidera: osserva i comandamenti. Non temere di ripercorrerli con serenità. In essi convergono le grandi coordinate della maturazione umana e cristiana: Dio, me stesso, il prossimo. Un confessione impostata genericamente, quasi come un semplice colloquio psicologico, non ti servirà a niente. Così pure il porre tutta la tua vita, davanti a Dio, in forme generiche e omnicomprensive, non ti sarà di nessuna utilità. Ripercorri con serenità e verità la strada dei comandamenti, ti sentirai una persona libera dall'immagine di sé, libera di fronte anche ai propri errori.

  2. Prendi in mano il Vangelo. E' la Parola ispirata, in esso agisce la forza dello Spirito Santo. Sia questa Parola la sorgente della tua spiritualità. Non preoccuparti di dover attingere da altra fonte, qui sei direttamente alla sorgente. Leggi il testo, ricostruisci visivamente la scena, senti rivolti a te i gesti e le parole di Gesù. Scava dentro ad ogni verbo, ne scorgerai una ricchezza spirituale inesauribile. La Parola ispirata ti pone in relazione diretta e personale con la Parola incarnata che è Gesù Cristo.

    Questo mi sembra un buon percorso di maturazione umana e spirituale. Non avere paura di farlo tuo. Vinci ogni resistenza e ogni titubanza. Questo cammino ti darà le basi per una esistenza felice, nella luce della fede.

    Con amicizia, don Maurizio

mercoledì 15 febbraio 2012


MEDITAZIONE DEL MERCOLEDÌ



In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. 
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano». 
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: Non entrare nemmeno nel villaggio.

Gli condussero un cieco...
Un uomo non vedente viene condotto a Gesù...
Quest'uomo non ha nome...può avere il mio nome, il tuo nome...questo cieco ci rappresenta...
Qui non si tratta di una semplice guarigione o di un intervento terapeutico...
Qui Gesù guarisce la vista...l'organo della fede...

VEDERE nel vangelo significa CREDERE...chi ha visto me, ha visto il Padre, disse Gesù a Filippo...non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me...chi ha visto me ha visto il Padre...

La fede nasce quando veniamo guariti nella vista...dal modo in cui vediamo, ci rappresentiamo Dio, noi stessi e gli altri...

COME Gesù lo guarisce ?...
...allora Gesù lo prese per mano, lo condusse fuori dal villaggio e dopo avergli messo della sua saliva sugli occhi...gli impose le mani....

Sono diversi i gesti compiuti da Gesù:
Lo prese per mano - Gesù stabilisce un contatto fisico con lui - gli fa percepire la sua presenza - gli fa sperimentare un riferimento che gli dia sicurezza...è un gesto di affetto, di tenerezza, di amore...

Lo condusse fuori dal villaggio...
Gesù lo porta lontano dalla confusione caotica della folla...lo ripara dallo sguardo curioso e aggressivo della gente...lo porta nella quiete e nella calma dove l'animo si distende e più facilmente si consegna...

Gli pose la sua saliva sugli occhi...
La saliva e ciò che irrora la gola, la lingua...nella cultura ebraica "nefesh"...
apparato della respirazione...luogo del respiro della ruah del soffio dello spirito... Di fatto Gesù partecipa a lui la sua nefesh, il suo spirito...
È un atto creativo, un richiamo alla creazione....Gesù lo sta ricreando !

Gli impose le mani...
Le mani di Dio si posano su di lui, comunicandogli, la forza di Dio e l'amore di Dio...
È interessante che quell'uomo non venga guarito automaticamente, ipso facto ma ha bisogno del reiterato intervento di Gesù...Gesù deve di nuovo intervenire...gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide più chiaramente...
La natura umana può, se abbandonata a se stessa raggiungere un grave stato di compromissione...l'uomo lontano da Dio si deturpa...solo l'azione diretta e continua di Dio può rinnovarlo, ridandogli quello splendore che aveva perduto.

Nei sacramenti Dio continua a rinnovare il nostro volto...continua a farci vedere...nella tua luce vediamo la luce.. Permettiamogli con fiducia di continuare ad agire in noi e per noi. Amen

Don Maurizio

mercoledì 8 febbraio 2012


LA COMUNIONE RICEVUTA SULLA LINGUA E IN GINOCCHIO


La più antica prassi di distribuzione della Comunione è stata, con tutta probabilità, quella di dare la Comunione ai fedeli sul palmo della mano. La storia della liturgia evidenzia, tuttavia, anche il processo, iniziato abbastanza presto, di trasformazione di tale prassi. Sin dall’epoca dei Padri, nasce e si consolida una tendenza a restringere sempre più la distribuzione della Comunione sulla mano e a favorire quella sulla lingua. Il motivo di questa preferenza è duplice: da una parte, evitare al massimo la dispersione dei frammenti eucaristici; dall’altra, favorire la crescita della devozione dei fedeli verso la presenza reale di Cristo nel sacramento.
All’uso di ricevere la Comunione solo sulla lingua fa riferimento anche san Tommaso d’Aquino, il quale afferma che la distribuzione del Corpo del Signore appartiene al solo sacerdote ordinato. Ciò per diversi motivi, tra i quali l’Angelico cita anche il rispetto verso il sacramento, che «non viene toccato da nessuna cosa che non sia consacrata: e quindi sono consacrati il corporale, il calice e così pure le mani del sacerdote, per poter toccare questo sacramento. A nessun altro quindi è permesso toccarlo fuori di caso di necessità: se per esempio stesse per cadere per terra, o in altre contingenze simili» (Summa Theologiae, III, 82, 3).
Lungo i secoli, la Chiesa ha sempre cercato di caratterizzare il momento della Comunione con sacralità e somma dignità, sforzandosi costantemente di sviluppare nel modo migliore gesti esterni che favorissero la comprensione del grande mistero sacramentale. Nel suo premuroso amore pastorale, la Chiesa contribuisce a che i fedeli possano ricevere l’Eucaristia con le dovute disposizioni, tra le quali figura il comprendere e considerare interiormente la presenza reale di Colui che si va a ricevere (cf. Catechismo di san Pio X, nn. 628 e 636). Tra i segni di devozione propri ai comunicandi, la Chiesa d’Occidente ha stabilito anche lo stare in ginocchio. Una celebre espressione di sant’Agostino, ripresa al n. 66 della Sacramentum Caritatis di Benedetto XVI, insegna: «Nessuno mangi quella carne [il Corpo eucaristico], se prima non l’ha adorata. Peccheremmo se non l’adorassimo» (Enarrationes in Psalmos, 98,9). Stare in ginocchio indica e favorisce questa necessaria adorazione previa alla ricezione di Cristo eucaristico.
In questa prospettiva, l’allora cardinale Ratzinger aveva assicurato che «la Comunione raggiunge la sua profondità solo quando è sostenuta e compresa dall’adorazione» (Introduzione allo spirito della liturgia, Cinisello Balsamo, San Paolo 2001, p. 86). Per questo, egli riteneva che «la pratica di inginocchiarsi per la santa Comunione ha a suo favore secoli di tradizione ed è un segno di adorazione particolarmente espressivo, del tutto appropriato alla luce della vera, reale e sostanziale presenza di Nostro Signore Gesù Cristo sotto le specie consacrate» (cit. nella Lettera This Congregation della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, del 1° luglio 2002: EV 21, n. 666).
Giovanni Paolo II nella sua ultima enciclica, Ecclesia de Eucharistia, ha scritto al n. 61:
«Dando all’Eucaristia tutto il rilievo che essa merita, e badando con ogni premura a non attenuarne alcuna dimensione o esigenza, ci dimostriamo veramente consapevoli della grandezza di questo dono. Ci invita a questo una tradizione ininterrotta, che fin dai primi secoli ha visto la comunità cristiana vigile nella custodia di questo “tesoro”. [...] Non c’è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero, perché “in questo Sacramento si riassume tutto il mistero della nostra salvezza”».
In continuità con l’insegnamento del suo Predecessore, a partire dalla solennità del Corpus Dominidel 2008, il Santo Padre Benedetto XVI ha iniziato a distribuire ai fedeli il Corpo del Signore, direttamente sulla lingua e stando inginocchiati.

sabato 4 febbraio 2012

TUTTI SIAMO MALATI


DOMENICA V del tempo ordinario B

La liturgia di questa domenica ci pone a contatto direttamente con il Gesù taumaturgo, guaritore, medico dei corpi e delle anime, ci apre all'incontro con Dio: Lui è la tua guarigione e la tua salvezza. Incontrare Gesù significa poter trasformare anche l'esperienza più dura, quali sono quelle del dolore e della sofferenza, in sorgente di speranza.
Se il contenuto della liturgia di oggi è la rivelazione di Dio come guaritore, come medico e medicina...allora comprendiamo, alla luce di questo, chi sia l'uomo, chi sia la persona umana, chi siamo noi....
Agli occhi di Dio, noi siamo malati...ma se stiamo benissimo....eppure siamo malati....il nostro cuore e un cuore inquinato...nei nostri occhi non risplende sempre una luce pura...a volte i nostri occhi si intorbidiscono....i nostri sensi sono intorbiditi, non riflettono la luce che viene da Dio...
La verità di Dio come guaritore, come taumaturgo...ci rivela e ci fa comprendere che in noi c'é la presenza del male...nel nostro cuore si accovaccia, si annida il mistero del male.
Questo ci spaventa...perché il male condiziona e umilia la vita... Ciò che viene da noi, ciò che istintivamente nasce da noi...va sempre sottoposto a verifica...perché la nostra volontà vede il bene, ma risulta incapace di attuarlo. 
La misericordia di Dio rivela da un lato l'immensità dell'amore di Dio ma dall'altro, rende manifesta la presenza del male nel cuore dell'uomo.
Oggi la parola di Dio ci fa comprendere che siamo tutti malati, siamo tutti deboli, contaminati...tutti abbiamo bisogno dell'amore che viene da Dio.
Amore che diventa principio di speranza e quindi di guarigione. Più rimarremo uniti a Lui più ritroveremo forza di speranza, ma resta vero che più rimarremo lontani da Lui, più si aggraverà la nostra condizione.
Il dramma della cultura di oggi è quello di presumere di poter vivere senza Dio o in opposizione a Dio...Si ripresenta così l'insidia originale...il peccato di sempre...stabilisci da solo ciò che è bene e ciò che è male...perché devi rifarti a Dio ? La cultura di oggi ti dice: tu sei il dio di te stesso...quello che pensi è il bene, quello che fai è il bene....
Ma alla prova dei fatti, alla prova della storia...lì dove è stato negato Dio, è stato cancellato anche l'uomo.
Giobbe, nel breve tratto che abbiamo proclamato ha detto:
"L'uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?
Come lo schiavo sospira l'ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
così a me sono toccati mesi d'illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate"
...con questo ci insegna che da sempre gli uomini si interrogano sul senso della loro vita e il significato della vita non lo trovano tuffandosi nella dimensione produttiva o economica della vita, pur necessaria, ma volgendo in alto i loro cuori, rafforzando la loro speranza...
...quella donna, di cui ci ha parlato il vangelo, sdraiata a letto, costretta a letto perché malata rappresenta l'umanità di ieri, di oggi e di sempre...è ciascuno di noi...possiamo guarire, lasciandoci prendere per mano da Gesù, solo Lui ha il potere di rialzarci, di risollevarci, ridarci vita.
Con questa fede veniamo ogni domenica, ogni giorno a celebrare l'Eucaristia, la Pasqua settimanale, perché in essa veniamo raggiunti dalla salvezza, nell'Eucaristia è Gesù che viene a prenderci per mano e così veniamo purificati e rivestiti di vita, della stessa vita di Dio, la vita immortale.
Don Maurizio

mercoledì 1 febbraio 2012

MEDITAZIONE  DEL MERCOLEDÌ

Il testo di Luca è straordinario e di grande contenuto cristologico...vediamo di ricavarne nutrimento per noi.

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.


Venne nella sua patria...Nazaret...un piccolo ambiente, riconducibile ad un clan, quello dei nazorei...esuli, probabilmente reduci dall'esilio babilonese...La Galilea era un ambiente etnicamente misto...eterogeneo... Da Cafarnao Gesù ritorna a Nazaret, cieca 65/70 km di strada in salita, circa tre giorni di cammino.

Gesù si incontra con un ambiente chiuso, ostile al cambiamento...tuttavia sono stupiti dal suo insegnamento, quasi spaventati...che sapienza è mai questa che gli è stata data ?...
La gente di Nazaret, non si da ragione di ciò che sta succedendo...ciò che Lui dimostra di essere è troppo grande rispetto alla sua provenienza...ma se conosciamo tutto di Lui...

Qual'è il punto debole del ragionamento dei nazaretani ? Non sanno fare il salto di qualità...il passaggio...dalla dimensione dell'umanità a quello della divinità...dalla dimensione umana a quella divina...è la fatica di ieri e quella di oggi...è sempre in atto, in qualche ambito della Chiesa, il tentativo di accogliere solamente gli spetti umani di Gesù... Questo non rende ragione ai vangeli... È un altro l'atteggiamento da assumere: attraverso la sua dimensione umana, arrivare a percepire l sua divinità. Mediante i sensi Gesù ci apre al mistero di Dio !

A motivo di questa incapacità di risalire dalla dimensione umana a quella divina, i nazaretani cadono nello scandalo...nell'inciampo...l'apparente origine umana di Gesù è per loro motivo di inciampo...pensano di conoscere tutto di Lui...

"non è il figlio del falegname ? Il figlio di Maria ? Il fratello di Giacomo, di Joses...e le sue sorelle non sono tutte qui tra noi ?"

È interessante che gli abitanti di Nazareth non identifichino Gesù non come il figlio di Giuseppe...ma come il figlio di Maria...già in questa formulazione...si intravede una questione aperta...qualcosa di strano, di abnorme doveva accompagnare la nascita di Gesù... Ogni figlio, in Israele veniva identificato col nome del padre non della madre...non è il caso di Gesù...lui è il figlio di Maria... sotto sotto c'è una vecchia polemica...antichi sospetti...sotto sotto si nasconde l'anomalia della sua nascita...tutti conoscevano l'integrità di  Maria, l'ortodossia dei suoi genitori...e poi l'attesa di quel figlio nel tempo di preparazione al matrimonio...da dove proveniva quel bambino ? Chi gli era stato padre ?...

Gesù dovunque andasse si potava appresso questa domanda...così pure l'altra affermazione dei giudei di Gerusalemme ci fa pensare alle domande,agli interrogativi che circolavano nell'ambiente giudaico circa il concepimento e la nascita di Gesù..."noi non siamo nati da prostituzione", gli dissero i giudei durante una delle discussioni presso il tempio...Gesù di portava questo marchio...questo dubbio...

....e non vi poté operare nessun miracolo a causa della durezza del loro cuore...(sclerocardia)... Il cuore duro, arido, impenetrabile, impermeabile all'amore...impedisce il salto della fede, il passaggio dalla carne al riconoscimento della divinità di Gesù.  Egli ci rivela chi è Dio, proprio servendosi della carne, come strumento congiunto alla sua divinità.

Anche noi possiamo cadere nell'errore degli abitanti di Nazaret, in un doppio senso:
Possiamo rifiutare la rivelazione di Gesù, in quanto Dio che si rivela nella carne...possiamo non accontentarci di ciò che i vangeli ci dicono di Gesù...e così facendo, cadere nell'insidia di chi non accoglie la Rivelazione così come avviene. I vangeli di consegnano l'essenziale su Gesù, non il frutto di fantasie o romantiche ricostruzioni.
In secondo luogo possiamo anche noi correre il rischio di non saper fare il passaggio, il salto di qualità che sempre ci è chiesto nell'accostarci al Gesù dei vangeli: dalla carne alla rivelazione della sua divinità attraverso la carne.
Attraverso l'umanità di Gesù ci viene rivelato il mistero di Dio. Dovremmo sempre chiederci: attraverso questo tratto umano, proprio della sua natura umana, che cosa mi sta svelando Dio, di se stesso...?
E così ci metteremo alla scuola dell'umanità di Gesù senza cadere nell'inciampo, nello scandalo come gli abitanti di Nazareth


don Maurizio